Detenuti raggruppati in base alla pericolosità: nasce il carcere su misura

Detenuti raggruppati in base alla pericolosità: nasce il carcere su misura

Caratterizzare gli istituti penitenziari in relazione alla posizione giuridica dei detenuti, al loro livello di pericolosità, dal termine della pena e dagli esiti dell’osservazione al fine di creare una “nuova geografia penitenziaria” che possa migliorare la qualità di vita dei detenuti, le condizioni di lavoro del personale penitenziario, rafforzare il trattamento rieducativo del condannato e aumentare le misure alternative alla detenzione. È questo l’obiettivo del “Progetto circuiti regionali” che il Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria ha presentato questa mattina a Roma alla presenza del capo del dipartimento, Giovanni Tamburino. Secondo il capo dipartimento, ad oggi “vi è ancora l’idea che tutta la sanzione penale debba finire nel carcere. Un’idea che comporta una serie di conseguenze negative, tra cui, il sovraffollamento in cui vi è una insufficiente differenziazione dei detenuti”. “Come amministrazione abbiamo cercato di razionalizzare il sistema – ha aggiunto Luigi Pagano, vice capo dipartimento - con la creazione di circuiti regionali rifacendoci ad una norma del 2000. Cercando di differenziare gli istituti della regione in relazione non soltanto alla tipologia giuridica dei detenuti, ma anche a quella che è la pericolosità. Riteniamo che creare delle categorie omogenee possa incentivare l’attività trattamentale, ma creerà anche migliori condizioni di vita per i detenuti e operatori”. Un progetto rivoluzionario, ha affermato il vice capo dipartimento vicario, Simonetta Matone, “ma che in realtà è all’interno di un contesto normativo che è delineato fin dal 1975. Siamo in gravissimo ritardo ed è intollerabile rispetto a quello che l’Europa ci impone”. Non tutti i detenuti potranno accedere al progetto. “Coloro che verranno immessi in questo circuito – ha aggiunto Tamburino - sono detenuti selezionati. Non pensiamo che questo sistema possa essere reso universale. Sarebbe irresponsabile. Occorre una selezione, ma riteniamo che sia possibile per un numero rilevante di detenuti che possa avere una serie di ricadute positive”. Non si tratta, per Tamburino, della soluzione di tutti i problemi del sistema penitenziario italiano, ma di un passo verso altre novità. “Pensiamo di aver fatto un passo avanti importante – ha aggiunto il capo del Dap -. Il preludio di ulteriori sviluppi e di maggiore efficienza, un impiego migliore delle risorse e la possibilità per il personale di lavorare meglio”. Organizzazione che in alcuni penitenziari ha già prodotto risultati che secondo Tamburino, riguarderanno anche i compiti della magistratura di sorveglianza. “In questo modo ha maggiori elementi di giudizio – ha aggiunto il capo del Dap -. Sarà portata più frequentemente a fare delle scelte di misure alternative al carcere, scelte di apertura”. Segnali incoraggianti anche sulla recidiva. “Questo tipo di organizzazione interna del sistema detentivo ha anche una ricaduta positiva sulla recidiva – ha aggiunto il capo del Dap -. Le persone uscite hanno un calo di recidiva. L’indagine che stiamo effettuando è ancora in corso, ma i segnali ci dicono che la direzione è questa e sono positivi”. Per quanto riguarda i tempi di attuazione del progetto, infine, il Dap fa sapere di aver già avviato tutti gli atti preliminari alla trasformazione degli istituti e si partirà dalla prima decade del mese di aprile dalla regione Campania. (ga)  Redattore Sociale

22/03/2013

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