Dalle narcoguerre al doping professionale, ecco le vittime della 'regina delle droghe'

ROMA - Ha causato più di 100 mila morti solo in Messico, ha stravolto la vita di gente comune e professionisti, coinvolto minori dalla produzione fino allo spaccio nelle città europee. E' la regina delle droghe, la cocaina. Tema a cui è stato dedicato il secondo incontro del ciclo di conferenze "Sulle mie cattive strade" organizzato dalla cooperativa Ama-Aquilone nelle Marche per affrontare il tema delle droghe da un punto di vista più ampio, che unisce le sorti dei produttori sfruttati a chi, da questa parte di mondo, resta impigliato nella dipendenza. L'incontro, tenutosi venerdì scorso a San Benedetto del Tronto ha raccolto le testimonianze di due giornalisti che nel proprio lavoro hanno affrontato nello specifico il tema cocaina: Paolo Berizzi, inviato di Repubblica e autore, insieme al fotografo Antonello Zappadu, del reportage La Bamba, un viaggio dall'America Latina fino a Milano inseguendo la coca nelle sue rotte, e Lucia Capuzzi, giornalista di Avvenire e autrice di "Coca rosso sangue", un libro inchiesta sugli effetti del narcotraffico in Messico. Fenomeno in aumento. Per Berizzi, nonostante la crisi, il fenomeno cocaina in Italia "è sicuramente in aumento". Per l'inviato di Repubblica, la coca detiene ancora lo scettro tra le droghe, "ma la tendenza è al policonsumo e anche al ritorno dell'eroina - ha raccontato Berizzi -. Il problema è che la qualità della coca si è abbassata e costa sempre meno. Da molto tempo non è più droga di nicchia. E' sempre più doping professionale e nessuna categoria è esclusa: dall'operaio al muratore, dall'imprenditore al creativo. I medici del lavoro stimano che nel nord un lavoratore su cinque utilizza la coca per abbattere la fatica e aumentare la produttività. La coca nei cantieri, in azienda, sui camion. Persone che hanno responsabilità enormi utilizzano coca per lavorare meglio. Sicuramente il fenomeno è in netta crescita, non tende a diminuire, ma tende ad essere affiancata da un utilizzo massiccio di altre sostanze". Coca rossa come il sangue. Ribattezzata spesso con nomi che richiamano il suo colore bianco, la cocaina, però, è una droga macchiata del sangue di tanti innocenti. "La cocaina è bianca da questa parte di mondo - ha spiegato Capuzzi -. In Messico è color sangue, perché è il sangue dei centomila morti ammazzati, ed è una stima per difetto, degli ultimi sei sette anni, la cosiddetta guerra della coca. Dal 2006 in Messico è in corso una guerra di cui non ce ne siamo accorti più di tanto. La stampa ha molto sottovalutato il fenomeno, una guerra che ha come bersaglio principale la popolazione civile. Quanti dei 100 mila morti sono semplici civili non lo sapremo mai. In Messico il 98 per cento dei delitti non sono investigati e c'è un grado di impunità pazzesco". Una guerra feroce, lontana persino dalle guerre di mafia italiane. "Massacri, corpi smembrati per strada o sciolti nell'acido - ha raccontato Capuzzi -. Sicuramente non è paragonabile come livello di intensità alle nostre guerre di mafia, anche negli anni più cruenti". I minori coinvolti nel traffico. Un traffico spietato e cieco, quello dei narco, che travolge tutti. Anche i bambini. "Nelle scuole messicane la maggior parte dei bambini mi ha raccontato di voler fare il narcotrafficante - ha raccontato Capuzzi -, 'per uccidere i cattivi'. In realtà i messicani non sono impazziti, ma nel momento in cui metà della popolazione vive in baraccopoli bombardati dalle pubblicità di case e auto di lusso, i ragazzini sono disposti a qualsiasi cosa per avere quelle cose". Ma il traffico della coca coinvolge i bambini a tutti i livelli. "Ci sono anche in Italia - ha spiegato Berizzi -. A Milano, a Napoli sono coinvolti nella filiera dello spaccio. Le organizzazioni criminali a sud e a nord impiegano sempre più spesso spacciatori giovanissimi, anche di 11 anni. Sono fuori dalle scuole. In classe. È molto sfumata la figura del pusher tradizionale, almeno a Milano. Oggi lo spacciatore è chiunque. È il compagno ci classe, dell'università, il collega, l'infermiere che la dà al medico. La coca oggi viene venduta anche dai bambini che sono coinvolti nella produzione in Sud America e in Italia vendono". Contro la cocaina, una battaglia civile. Per Berizzi è tempo di portare il tema per strada, soprattutto in quelle dove si consuma lo spaccio. "Sul tema droghe penso ci sia bisogno di battaglie civili - ha spiegato -, esattamente come per i diritti o per la casa. Una società drogata è una società che ha perso, perché una generazione che va a coca è una generazione che ha fallito". Una sfida, quella di portare il tema per strada, lanciata dallo stesso giornalista con la campagna Tira Dritto, stop cocaina, un tour nelle principali città italiane per far uscire dai soliti circuiti il problema droghe. "Siamo partiti col sostegno del Dipartimento politiche antidroga a marzo da Roma - ha detto Berizzi - e abbiamo scelto di andare a parlare di questi temi nelle piazze di spaccio. Occupiamo fisicamente e simbolicamente la piazza. Andiamo a parlare di questi temi sotto i palazzi dei signori della droga, come allo Zen di Palermo. Organizziamo dibattiti di strada, dove invitiamo esperti, amministratori, rappresentati delle forze dell'ordine, artisti e quanti vogliano contribuire a questa battaglia civile".(ga) © Copyright Redattore Sociale

28/10/2013

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