Eroina. Ingroia: 'Nessun ritorno in Italia, ma dobbiamo intervenire sulla domanda'

Eroina. Ingroia: 'Nessun ritorno in Italia, ma dobbiamo intervenire sulla domanda'

Nessun ritorno dell'eroina in Italia, ma nel nostro Paese occorre intervenire maggiormente sulla domanda di sostanze stupefacenti e superare le scelte sbagliate, come la legge Fini Giovanardi. Così l'ex pubblico ministero Antonio Ingroia è intervenuto nella serata di ieri ad Ascoli Piceno al primo degli incontri sulle droghe organizzato dalla cooperativa sociale AmaAquilone per approfondire il tema del narcotraffico e dei suoi effetti in Italia e nei paesi d'origine delle rotte dei narcos. Tema al centro della serata, quello degli oppioidi e i suoi derivati, raccontato anche grazie alla testimonianza del fotografo e giornalista Alessandro Scotti, autore di diversi lavori e inchieste giornalistiche sul narcotraffico realizzate in giro per il mondo, collaborando anche per l'Ufficio delle Nazioni unite contro la droga e il crimine. Un falso ritorno dell'eroina. Nonostante negli ultimi anni siano cresciuti gli allarmi di un ritorno dell'eroina in Italia, per Ingroia il traffico di questa sostanza non ha subito grossi scossoni. "Non ho visto questo boom e questo recupero di importanza e di peso del mercato dell'eroina - ha affermato -. Dal mio osservatorio di Palermo, quando ero pm, non ho rilevato in modo così evidente questo ritorno. Tuttavia, bisogna dire che l'osservatorio palermitano era limitato e soprattutto che la mafia siciliana, finché me ne sono occupato, si è servita della 'ndrangheta per importare la droga in Italia. Ndrangheta che svolge ormai questo ruolo di mantenimento delle relazioni import ed export con le altre organizzazioni criminali mondiali". Un ritorno che non è evidenziato neanche nei dati dei sequestri della Direzione centrale dei servizi antidroga (Dcsa). Intorno agli anni ottanta e novanta, infatti, si sequestrava poco meno di una tonnellata di eroina in un anno. Quantità che è cresciuta fino a superare le due tonnellate nei primi anni del 2000, per scendere ancora fino a 869 chili nel 2010, 640 chili nel 2011, 894 nel 2012. Ad agosto del 2013, gli ultimi dati della Dcsa, parlano di 417,6 chili di eroina sequestrata, un dato che lascia immaginare che neanche quest'anno ci saranno cifre record. Oppio afgano. Se in Italia non sembra esserci un incremento consistente di eroina circolante, diversa sembra essere la situazione in uno dei paesi dove viene prodotta la maggior parte dell'eroina al mondo: l'Afghanistan. Secondo gli ultimi dati delle Nazioni unite, nel territorio afgano ci sarebbero ben 236 mila ettari di terreni coltivati a oppio. Un record storico, spiega l'Onu, quando nel 1999, periodo precedente all'intervento della Nato, gli ettari destinati alla produzione di oppio erano solo 91 mila. Tuttavia, nonostante la coincidenza dell'intervento militare, una crescita dell'estensione delle coltivazioni era stata già notata nel '99 proprio dall'Onu, che per quell'anno aveva stimato un incremento del 40 per cento delle coltivazioni. "I talebani avevano ridotto la percentuale del territorio coltivato a oppio in Afghanistan - ha spiegato Scotti -. Questa operazione, letta qualche anno dopo, aveva due scopi: il primo, quello di cercare di guadagnare un minimo di legittimità a livello internazionale, in un momento difficile, ma in realtà gli anni precedenti avevano dato frutti straordinari. Anni con dei raccolti molto ricchi, perché l'Afghanistan ha delle oscillazioni di rendita sull'oppio molto forti. Credo siano arrivati a produrre il 130 per cento della domanda mondiale. Quindi si sono ritrovati con una quantità di merce immagazzinata enorme. Aveva anche senso ridurre la produzione. E così negli anni 2000 e 2001 c'è stato un crollo. Poi con l'intervento della Nato, i talebani sono stati spodestati ed è ricominciato un ciclo di sussistenza. Un problema che il conflitto ha acuito". Cambiare le politiche di contrasto. Sul terreno nazionale, invece, per Ingroia servono politiche nuove soprattutto per avere risultati sulla domanda e non puntare unicamente sul contrasto dell'offerta di droga. "Sono convinto che è sulla domanda e non sull'offerta che bisogna intervenire - ha affermato Ingroia -. Non è certamente la soluzione repressiva quella che serve a ridurre la domanda. Se la soluzione repressiva colpisce solo l'anello debole della catena, non risolve il problema della domanda e viene percepito come un intervento ingiusto che non interviene alla radice del disagio sociale, ma lo amplifica". Per Ingroia, "alcune politiche che sono indirizzate alla repressione dell'ultimo anello debole sono scelte politiche tutt'altro che neutrali ed è impensabile che non siano fatte con la consapevolezza che questo determina invece un aumento della domanda e la stabilizzazione del mercato". Scelte politiche sbagliate come quella che ha portato alla legge Fini Giovanardi. "Ho sostenuto l'ingiustizia della Fini Giovanardi prima di tutto da magistrato - ha detto Ingroia -. Si tratta di una delle leggi più ingiuste che esiste nel sistema penale odierno e responsabile di quel vecchio principio della legge penale "forti con i deboli e deboli con i forti". (ga)

23/09/2013

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