Un 30enne schiavo dell'azzardo confessa: e' come eroina

Un 30enne schiavo dell'azzardo confessa: e' come eroina

"Ho cominciato come cominciano tanti, ma credo che il gioco in se e per se non vada demonizzato. Io ho perso il controllo della quantita' di soldi e tempo spesi nel gioco in seguito ad un lutto in famiglia, ho fatto molta fatica a gestire il dolore. Fondamentalmente dai 23 ai 27 anni ho vissuto dentro le varie agenzie di scommesse di Bologna. Lo stipendio arrivava il 10 e verso il 14-15 era gia' finito, poi quattro anni fa, in una calda giornata d'agosto, ho conosciuto l'associazione dei giocatori anonimi". E' la confessione choc di un ex giocatore pentito, che oggi pomeriggio in forma anonima ha testimoniato (con il volto coperto da un tabellone) nel corso della seconda giornata del ciclo "Minori e devianze" organizzato dall'Ami (associazione avvocati matrimonialisti) e dai Carabinieri di Bologna, dedicata proprio al tema del gioco.
A parlare e' Fabio (nome di fantasia), 30enne iscritto all'associazione Giocatori anonimi di Bologna. Il suo problema, premette, non sono state le macchinette videolottery ("E per questo mi ritengo fortunato"), ma le scommesse sportive, i cavalli, l'ippica. Il gioco? "Io la considero come l'epidemia di eroina degli anni '80, e non lo dico per esperienza personale". Smettere? "I primi mesi di 'non gioco' vivi come attanagliato da una morsa. Io mi ricordo che li ho passati sognando di giocare, di perdere, addirittura di essere anch'io un fantino come quelli su cui scommettevo", racconta. "All'inizio ero convinto che quella del gioco fosse una parentesi nella mia vita. Oggi, a quasi 31 anni, ho accettato che ho un problema e devo imparare a conviverci. La cosa bella dell'associazione e' che non c'e' accanimento verso quello che ci e' successo. Io ho ho capito che il gioco e' una parte di me: corrosiva e autodistruttiva, ma una parte di me, non devo farci a pugni".
Per Fabio, l'avere accettato questo e' una fortuna. "Qualora tornassi ad avere un rifiuto di questo, probabilmente per rabbia o vulnerabilita' tornerei ad essere un giocatore attivo", dice. "Non e' un consiglio, l'unica cosa che vorrei dire e' di cercare di non avere paura e cercare di capire il prima possibile se c'e' un problema, parlarne con altre persone. All'inizio ci si sente male, si prova vergogna e si ha schifo di se', ma poi il passaggio che si opera quando si confessa e' una liberazione totale", dice ancora il 30enne. "Smettere di giocare e' solo il primo risultato. Se non si interviene sulle proprie abitudini, sui luoghi che si frequentano non funziona".
Fabio e' stato aiutato dall'associazione Giocatori anonimi. "E' un gruppo dove si va liberamente, c'e' chi viene da nove anni e non ha mai detto una parola. Io per carattere sono logorroico e ogni volta parlo. L'unico requisito richiesto e' la volonta' di smettere di giocare", racconta; secondo lui "questa e' una regione in cui si puo' trovare una forma di aiuto continuativa". Nella sola citta' di Bologna, racconta, "ci sono due gruppi di Giocatori anonimi, che si incontrano ogni settimana il lunedi' il martedi' e il giovedi', in due sedi diversi, alla parrocchia San Mamolo e in via Dickens". Ma "ce n'e' uno anche a Modena, uno a Cesena e due a Ravenna". Poi, oltre al sostegno del gruppo, "ci sono anche psichiatri e psicoterapeuti", dice Fabio, che ricorda come il suo vizio del gioco (che lo ha portato anche a rubare e meditare il suicidio) abbia rischiato di distruggere la sua famiglia. "Ogni qual volta che si verificava un 'buco' o venivo scoperto a rubare, in casa o a cugini, i miei lo venivano a sapere, magari mesi dopo, e quelli erano momenti rabbia talmente forti da gestire che poteva spaccarsi il nucleo familiare".
Racconta anche che una volta rimase chiuso un una sala scommesse dove gli avevano fatto credito e suo padre dovette venire a prenderlo. "Dove sei conosciuto, e hanno capito che possono approfittare di te, non esitano a concederti aperture. Tanto per non fare nomi so che questo e' successo anche alla sala di Casalecchio, dove ci sono persone a cui sono stati concessi anticipi per 5-6.000 euro, finche' poi la moglie o il padre di turno sono intervenuti a pagare". Di recente, prosegue, "ci sono state anche delle sentenze a questo proposito, ma questo non mi ha provocato ne' un sorriso ne' un 'hurra'. Semplicemente mi fa capire che la vastita' del problema, ora, ha toccato le istituzioni e non siamo piu' invisibili come qualche anno fa".
Cosa puo' dire ai giocatori incalliti magari pieni di debiti? "Che i debiti vanno apgati, e' vero, ma bisogna anche costruire, le cose si possono recuperare, il perdono molte persone te lo possono concedere. Se si decide si mettere non e' una via senza ritorno". Invece, "il gioco attivo e reiterato lo e'. Ci sono poche direzioni percorribili, c'e' solo la solitudine e il furto, o reati peggiori. E si pregiudica anche la salute, perche' a un certo punto non si dorme piu'". (DIRE) 

17/05/2013

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