Azzardo: la tempesta perfetta

Azzardo: la tempesta perfetta

Il legame tra azzardo e pandemia, così come quello tra azzardo e crisi sfugge da sempre alle facili correlazioni. Che cosa è successo in questi mesi segnati dai vari lockdown? Cosa, presumibilmente, accadrà?

di Marco Dotti


La funzione ludica, prevalente nei momenti di progresso sociale, andrebbe distinta da quella che affiora nei periodi di crisi. Se nel primo caso si ha l’esplicitazione di una condizione di benessere (prevale comunque una certa socialità), nei periodi di crisi si assiste alla pura compensazione di un malessere. Uno spostamento – individuale e collettivo – dalla prima alla seconda funzione, dà luogo a spirali regressive. Soprattutto se a prevalere sono giochi d’alea e di vertigine (awp, vlt, lotterie istantanee), alla portata di tutti. Giochi modellati su quel giocatore senza qualità a cui si chiede un solo e unico sforzo: giocare. L'algoritmo e la macchina faranno il resto.

I momenti di crisi, segnati da disoccupazione crescente e contrazione di redditi e consumi, sono un momento propizio per il business dell'azzardo perché il gambling opera come un potente, ancorché illusorio, riequilibratore secondo delle dinamiche che già Matilde Serao aveva individuato nelle sue inchieste sull'incremento delle giocate dopo l’epidemia di colera del 1884. L'azzardo di massa diventa allora, come scrisse Serao, «l’idea fissa dei cervelli infuocati, la grande visione felice che appaga la gente oppressa, la vasta allucinazione che si prende le anime».

Questo dal punto di vista soggettivo e sociologico.

La pandemia ha scombinato tutto. Per questo il nostro sguardo dalla prospettiva del soggetto (il giocatore), deve concentrarsi sul sistema. Perché nel sistema e nella sua configurazione (questa è la convinzione di chi scrive) sta il problema.


Un dato su tutti dovrebbe far riflettere: nell’Unione europea il settore dei giochi è stato caratterizzato da una rapida crescita e nel 2020 si stima che il fatturato del solo comparto online abbia raggiunto i 25 miliardi di euro (ammontava a circa 16,5 miliardi di euro nel 2015), «mentre quello su rete fisica», si legge nel Rapporto dell’Unità di Informazione Finanziaria (UIF), struttura di intelligence della Banca d'Italia, «è stimato pari a circa 82 - 84 miliardi di euro». Ma si tratta di una sottostima, se consideriamo che solo in Italia il fatturato legale, da dati pubblici, ammonta a 110 miliardi di euro per il 2019!

Numeri a parte, il settore dei giochi e delle scommesse viene individuato dall'intelligence della Banca d'Italia tra «quelli esposti a significativi rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo».

La conclusione, ovviamente amara: l’enorme allargamento delle zone grigie dell'economia, in conseguenza della crisi pandemica, non lascia ben sperare. L’azzardo rischia di essere la tempesta perfetta per chi ha disperato bisogno di riciclare denaro e imporre il proprio controllo a un territorio lasciato in balia di sé stesso.
 

01/02/2022

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