Le mele marce, la tortura e la caccia alla streghe. Rien va

La tortura ce la “ricordiamo”, anche e solo per fare un esempio, nei casi di Stefano Cucchi o di Federico Aldrovandi. Per torchiare le mele marce e per sostenere la caccia alla streghe. Dall’illuminismo a oggi rien va. La legge contro la tortura per il momento è arenata alla Camera dei Deputati.

Dopo 26 anni di ritardo, rispetto alla Convenzione Onu contro la tortura, ratificata dal parlamento oltre un quarto di secolo fa, sarebbe importante avere nel codice penale una disposizione che ponga fine all’impunità per i responsabili della tortura, introducendo un reato specifico.

Per l’opinione pubblica: “Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamenti o punizioni crudeli, disumani e degradanti” (Dichiarazione universale dei diritti umani, articolo 5).
Il diritto a essere liberi dalla tortura e da altri trattamenti o punizioni crudeli, disumani e degradanti è tra i diritti umani più saldamente protetti dal diritto internazionale.

Il dietro le quinte tutto italiano è invece fatto di uno Stato che a parole rifiuta la tortura, ma non intervenendo sulla “carta”, la avvalora .

Affermato nella Dichiarazione universale dei diritti umani, ribadito in strumenti internazionali – come il Patto internazionale per i diritti civili e politici – e regionali, il divieto di tortura viene sancito in una Convenzione ad hoc nel 1984: la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altre pene.

Il divieto di tortura è assoluto: questo significa che mai un pubblico ufficiale o una persona che agisca a titolo ufficiale può infliggere intenzionalmente dolore o sofferenze gravi a un’altra persona anche in situazioni di emergenza, quali una guerra, una catastrofe naturale o creata dall’uomo. 
Nonostante l’obbligo per gli stati parte della Convenzione di considerare reato la tortura, indagare in modo approfondito e imparziale su qualsiasi denuncia e perseguire i responsabili, la tortura è ancora oggi molto diffusa e noi in Italia ne abbiamo avuto spesso notizia, dal G8 ai casi di Stefano Cucchi, Federico Aldrovandi e non solo. La tortura non è certo un oggetto nuovo alla contraddizione, ma quello che dovrebbe farci riflettere è questo. Possibile che dopo secoli e secoli di storia ancora oggi, a favore della legge, vengano utilizzati tali metodi coercitivi? In nome di cosa si arriva a brutalizzare la dignità della persona, delle “mele marce”, delle “streghe”, degli “uomini neri”? Siamo diventati i carnefici della “legge” e non ce ne siamo accorti?

"Una crudeltà consacrata dall'uso nella maggior parte delle nazioni è la tortura del reo mentre si forma il processo, o per costringerlo a confessare un delitto, o per le contradizioni nelle quali incorre, o per la scoperta dei complici, o per non so quale metafisica ed incomprensibile purgazione d'infamia, o finalmente per altri delitti di cui potrebbe esser reo, ma dei quali non è accusato”. Da Cesare Beccaria che pubblica in forma anonima “Dei delitti e delle pene”.

E poi ancora un monito, a considerare la tortura retaggio di una concezione radicalmente sbagliata dell'uomo e della società risuona, ancora oggi potente in un articolo pubblicato sul Conciliatore il 20 dicembre del 1818. "Si è per molti secoli creduto che gli uomini dovevano essere frenati colle sevizie e colla crudeltà. I pazzi erano caricati di catene; i collegi risonavano di sferzate; il soldato perdeva il sentimento dell'onore o la vita sotto il bastone; i processati avevano le ossa dislocate, infrante; i condannati erano confinati a marcire nelle bastiglie, ne' camerotti di S. Marco, o in consimili bolge di disperazione. Si trattava la nostra specie come un serraglio di fiere. Il paziente intanto o soccombeva, o s'inferociva. Gli spettatori abituandosi al pianto e agli urli de' loro simili si inferocivano a vicenda. Si conobbe alla fine che s'oltraggiava indarno la natura, e che la pena non doveva essere una vendetta, né il castigo un supplizio". Ma questo è solo uno storico esempio.

Tanto è stato scritto sino ad oggi e tanto è stato fatto, eppure, il disegno di legge che prevede l’istituzione del reato di tortura nel codice penale, approvato in prima lettura al Senato a marzo, si è arenato nella Commissione giustizia della Camera dei deputati. Si chiude così anche questo 2014 e in Italia la tortura non è ancora prevista come un reato specifico. Dall’illuminismo a oggi rien va.
 

31/12/2014

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