Puntare alla bellezza, sempre

Puntare alla bellezza, sempre

A un certo punto della storia di Casa Ama sulle sue facciate sono apparse le viti dei vigneti, gli animali, la natura che prepotente fioriva dai rottami degli autobus abbandonati. Pako, Gianni e Nicola incontrano lo street artist Andrea Tarli autore, insieme a Urka, dei murales che dal 2017 raccontano la Comunità.

Di Ana Spena e i ragazzi di Casa Ama.

Poco alla volta le facciate di mattoni di Casa Ama si sono trasformare. L’intonaco ocra che copre i fabbricati che ospitano i dormitori, le sale comuni e gli uffici, ha lasciato spazio ai colori forti. Quando nel 2017 lo street artist, conosciuto a livello internazionale, Andrea Tarli, classe 1973, è arrivato qui il mandato era chiaro: una comunità deve puntare alla bellezza, sempre. Andrea è un autodidatta e dal 2013 abbandona le sovrastrutture dell’arte contemporanea e scende a dipingere in strada prima nella sua città natale, Ascoli Piceno, e poi a Lisbona dove partecipa a varie iniziative promosse dalla Galeria de Arte Urbana GAU. Così nel giro di un mese Tarli e un altro artista, Urka, hanno condiviso la vita con i gli ospiti di Casa Ama. Hanno calibrato il loro lavoro sui ritmi della Casa.

Sulle facciate sono apparse le viti dei vigneti, gli animali, la natura che prepotente fioriva dai rottami degli autobus abbandonati. I ragazzi e le ragazze, gli uomini e le donne che hanno visto Tarli lavorare, non sono gli stessi che oggi camminano negli spazi ariosi della comunità. Qualcuno ha finito il suo percorso, qualcuno l’ha lasciato. I murales sono rimasti lì e chi è arrivato dopo, li osserva, sorride, immagina. Sorride soprattutto quando si imbatte nella scimmia che abita una facciata intera su tre piani e nel disegno pensato da Tarli sovrasta una città. Sorride perché “c’ho la scimmia”, è una voglia incontrollabile e smodata di qualcosa, il riferimento è chiaro e scevro di giudizio. Sorridono anche Gianni 25 anni che vorrebbe fare il cantante, ma a casa non l’appoggiano. Pako, 47, artigiano che sogna di diventare uno scrittore e Nicola, 30, assai concreto, sta finendo il suo percorso e vuole “trovare un lavoro e stare bene”. Loro sono tra quelli arrivati dopo, e Tarli è tornato in comunità per incontrarli.

Come ti è venuta in mente la scimmia? (Pako)
La scimmia è universale, non l’ho mai detto esplicitamente. Ma quando qualcuno ha voglia di drogarsi dice “c’ho la scimmia”. Ma quella scimmia la, la scimmia che ho realizzato per Casa Ama, non è solo il simbolo di una sensazione. Ti guarda un po’ di sbieco, dice “che vuoi? Perchè mi stai a guardare?” Ha una bomboletta in mano pure lei e una città dietro, è un animale che ricomincia a fare le cose, si rimette in moto. Vive.

Perché non usi i social o comunque li usi poco? (Nicola)
Quello dei social network è “un sistema che mi toglie la voglia”. Fino a qualche anno fa facevi un murales e poi lo postavi sui social per farlo conoscere. Oggi invece funziona un po’ al contrario: realizzi un disegno solo perché devi postarlo sui social e raccogliere quanti più followers e mi piace possibili. Ma che senso ha?

Come hai trasformato la passione in lavoro? (Gianni)
Mio padre mi diceva: “se fai l’artista come le paghi le bollette?”. Effettivamente essere bravi non basta, ci devi credere. E ci vuole pure l’incoscienza. Un po’ di anni fa ho aperto uno studio ad Ascoli. Vendevo qualche quadro e un po’ di illustrazioni. Vivacchiavo ma non mi bastava, sognavo in grande. Sognano le facciate dei palazzi. Ad un certo punto ti guardi in faccia e dici: faccio il salto o resto fermo? Ma per fare il salto ti devi rimboccare le maniche, non lo devi solo volere, ma volere tantissimo. E devi mettere in conto il fallimento, se le cose non vanno devi essere pronto a tornare indietro, vivere comunque. Ma “fare il salto” non è una cosa semplice, pure questo lo devi mettere in conto. E allora sbatti la testa “Questa cosa non la voglio fare, però la devo fare. Ma non la voglio fare, ma la devo fare”. Così finché alla fine non la fai. A me è andata bene.
 

04/01/2022

Casa Ama

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