Una carezza alla montagna

Una carezza alla montagna
Di Giuseppe Frangi
 
 
Cos’è il Gran Sasso? Una montagna o qualcosa di più e altro? Dalle finestre dello studio di Giuseppe Stampone, alle porte di Teramo, il Gran Sasso è palesemente qualcosa di più e di altro. Incombe con la sua sagoma triangolare (la parete Est del Corno Grande), la mattina fiammante per il sole, dal secondo pomeriggio buia e solenne. Per Stampone, artista che qui è a casa, anche se le sue opere sono per il mondo, il Gran Sasso è l’origine di tutto. Una sorta di divinità tenera a dispetto di quella sua presenza incombente, che toglie ogni prospettiva all’orizzonte. È protettiva, anche se a volte sembra dover precipitare dal suo trono. Una montagna così è un segno. E Stampone l’ha trasformata infatti in un segno, anzi in un’infinità di segni. Lui lavora con una tecnica moderna che però ha a che vedere con la pazienza del passato: dipinge con la penna Bic, intessendo sulla carta reti fittissime che inseguono tutte le increspature e le asprezze di quella grande «mamma» di roccia. Nel fare di Stampone si coglie il modo di procedere dei miniaturisti che si chiudevano nelle loro celle a disegnare non quello che avevano pensato ma quello che gli era stato affidato come compito. Non inventavano, ma ricreavano ogni giorno, ogni istante. Anche lui sembra aver ricevuto un compito: fissare le immagini di ciò che gli si palesa ogni mattina davanti gli occhi, quel blocco meraviglioso di roccia dolomia, piovuta proprio lì per ragioni imperscrutabili. Stampone giorno per giorno dà forma visiva alla sua devozione verso quella montagna-madre, divinità prossima,
colloquiale, famigliare. L’artista ha poi portato i lavori sul Gran Sasso alla Biennale di Venezia, ospite del Padiglione di Cuba, paese con il quale è da tanto tempo in relazione culturale e anche affettiva.
Non siamo davanti ad una semplice veduta, perché Stampone con il suo procedere insegue tutte le increspature delle rocce, ne restituisce le forme mobili, perché sono plasmate dalle luci e dalle ombre e quindi dalle loro variazioni. L’impressione è che poco alla volta la montagna, da entità del regno inanimato e minerale, muti la sua natura, diventi come una massa corporea, che respiri e impercettibilmente cerchi ogni istante nuovi assetti. È un vero organismo, pur nell’asciuttezza dell’assenza di ogni cromatismo, che invece è pacatamente e poeticamente evocato con la «palette» degli azzurri apposta alla base della composizione. La grande montagna si lascia addomesticare dalla mano amica dell’artista, accetta un livello di confidenza che rende amica anche la sua minacciosa sproporzione e ogni sua asprezza. Si rende accessibile, si rende disponibile ad una relazione che va oltre lo sguardo e sconfina nella carezza, nell’empatia di un abbraccio.

È istintivamente bella una montagna così. Ma in questo caso la bellezza non resta semplicemente lì davanti agli occhi. La bellezza si fa esperienza fertile, irradiazione contagiosa, realtà estetica e affettiva che prende forma e vita sulla carta predisposta da Stampone.   

17/11/2022

Casa Ama

visita anche i nostri siti
Ama Lavoro Ama Terra Ama Festival La Scuola Ama