Giustizia è guardarsi negli occhi

Giustizia è guardarsi negli occhi
“I care” per Adolfo Ceretti è un’apertura a 360 gradi, che abbraccia vittime e colpevoli. Criminologo non mediatico, Ceretti non è solo il maggior esperto di giustizia riparativa, ma è anche colui che con più passione e convinzione l’ha messa in pratica, raccontandola anche in alcuni libri come il bellissimo Il diavolo mi accarezza i capelli. Per lui giustizia riparativa non è una teoria ma un’esperienza. Eccola raccontata dalle sue parole. 
 
Cos’è la Giustizia riparativa? E cos’è la mediazione che della giustizia riparativa è lo strumento privilegiato? Si potrebbe definire, secondo una delle prime e più classiche definizioni, un incontro, il più delle volte formale, con il quale un terzo imparziale tenta, mediante scambi tra le parti, di permettere loro di confrontare i propri punti di vista e di cercare con il suo aiuto una soluzione o, meglio una gestione, al conflitto che le oppone. Nella mediazione, insomma, il reato non è più solo una categoria giuridica, ma si trasforma anche “in evento psicologico o socio-psicologico”: per esempio un furto, pur essendo un illecito lesivo di un interesse patrimoniale, può essere vissuto dalla vittima, a seconda del tipo di relazione che preesiste con l’autore, come un’aggressione alla persona, una violazione della sua fiducia o, ancora, un tradimento affettivo. 
 
Le definizioni contengono sempre in sé il proprio limite nel voler circoscrivere in una clausola ciò che descrivono ma, in questo caso centrano fin da subito molto bene la questione, perché danno atto senza mezzi termini della lateralità della mediazione all’interno del diritto penale e della diversità del suo sguardo: il reato non viene più guardato e considerato come un’offesa ad un bene giuridico protetto dall’ordinamento, come la semplice violazione di una norma penale quanto come un’esperienza di ingiustizia che frattura il “patto di cittadinanza” implicitamente esistente tra gli abitanti di una qualsiasi comunità, nella reciproca attesa - gli uni degli altri - di fiducia, riconoscimento, disponibilità alla pacifica convivenza. La mediazione non si accontenta delle sentenze, ne potrebbe, essendo le sentenze destinate al freddo, quasi scientifico accertamento di una verità processuale, in funzione di una soluzione o di una condanna; bensì ha l’ambizione di offrire qualcosa di più, in primo luogo alle vittime dei reati, ma anche ai loro autori: un luogo e un tempo per superare insieme, al di là dei ruoli processuali, le conseguenze generate dal reato. Questo vuol dire o vorrebbe la mediazione: consentire alle vittime dei reati e ai loro autori di incontrarsi per provare a ricostruire in modo condiviso quanto successo, raccontandoselo. Al centro dell’interesse è la realtà soggettivamente vissuta e non quella fenomenicamente accaduta, è la realtà quale viene alla superficie e alla luce attraverso il confronto tra le parti che non sono più solo una vittima e un autore di reato ma due soggetti che - ne siano non siano consci, lo avvertono di più o lo avvertono di meno - portano sulle spalle dei pesi, seppur diversi: per le vittime il peso è quello di una ferita o di una mancanza (perché sono vittime, naturalmente, anche coloro che sopravvivono alla morte di un familiare, di un amico); per gli autori di reato è quello di un passato con il quale fare i conti. 
 
Ma la mediazione non va in cerca neppure del perdono a tutti costi: non è richiesto agli autori di reato di ottenerlo né alle vittime di concederlo. Il perdono appartiene semmai alla coscienza del singolo individuo, nella quale la giustizia non può e non deve entrare; la punizione spetta invece ai tribunali sulla base della verità processuale accertata a punizione, intesa quale retribuzione del male compiuto non cancella le conseguenze lasciate del reato ed è su queste che si concentra la mediazione quale espressione della giustizia riparativa. Negli incontri di mediazione, vittime e autori di reato, recuperano una possibilità che il processo non contempla: quello di guardarsi negli occhi e di parlarsi, o anche solo di stare le une di fronte agli altri in silenzio. 
31/08/2023

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