Sacko, agricoltore dell'Ama Aquilone, ci racconta la sua storia a lieto fine

Sacko, agricoltore dell'Ama Aquilone, ci racconta la sua storia a lieto fine

A Sacko l’acqua del mare non piace. Non gli piacciono le onde. Quando le deve raccontare alza il braccio in verticale, si guarda le punte delle dita. In comunità lo prendono in giro “in acqua hai visto i pesci grossi, perciò adesso hai paura di fare il bagno”. Sacko il viaggio lungo la Rotta sul Mediterraneo Centrale, il barcone che precedeva quello dove si trovava lui e gli è affondato davanti agli occhi, l’Algeria come Libia - sì, la Libia – non le può dimenticare. Sacko è maliano, ha 28 anni, ci ha messo due anni a raggiungere l’Italia che oggi per lui è una seconda casa. Mentre parla muove le mani, lo fa con gesti pieni, è generoso nei racconti: vuole che capiamo tutto, capiamo meglio. Nasconde i dolori, anche se ne ha tanti. Lo noti dal fatto che poche volte riesce a guardarti in faccia, lo noti perché non sta mai fermo, come se si sentisse inadeguato. Un giorno me lo ha confessato, all’inizio arrivato in Italia aveva paura di parlare perché sentiva che gli altri non lo capivano e non la prendeva bene. Oggi parla molto bene “grazie ai fratelli che ho trovato nella cooperativa che mi fanno sempre ridere”. Oggi Sacko è un agricoltore della Cooperativa Sociale Ama Aquilone.

 
 
Raccontaci di te
Sono maliano, ho una mamma, due fratelli e una sorella più grandi e un fratello più piccolo. Avevo anche un’altra sorella e un altro fratello, però sono morti. Mia madre prima vendeva i tessuti, ora non lavora più. Mio padre è dottore, ha 4 mogli e non lo sento da 8 anni. Adesso sono io che mando i soldi a casa.
 
Quanto tempo fa sei arrivato in Italia?
Quasi 5 anni fa, era la fine 2016. Sono arrivato con il gommone: dalla Libia fino alla Sicilia. Abbiamo usato il gommone gonfiato ad aria. Sono stato 11 mesi in Algeria e poi un anno in Libia prima di arrivare.
 
Perché hai paura dell’acqua Sacko?
Perché quando ho fatto l’attraversata con il barcone ho visto tante cose dentro l’acqua che mi hanno fatto paura. Da quel giorno non ho più fatto il bagno in acqua.
 
Che facevi in Algeria?
Lavoravo con i muratori, ma quel lavoro era molto duro e si guadagnava molto poco. Vivevo con tre amici Maliani.
 
Come sei arrivato dal Mali all’Algeria?
A piedi tramite il deserto. Sono all’incirca 12 Km, non molto lontano. Si parte da El-khalil, lì, da quando è cominciata la guerra in Mali, l’Algeria ha creato una sorta di muro con la terra e la sabbia per non far passare i maliani. Ci sono tanti poliziotti e soldati che controllano la frontiera. Quando sei lì devi aspettare fino alle 7/8 che fa buio e poi puoi andare. Se vedi una luce nel deserto ti devi subito abbassare a terra per non farti vedere sennò i poliziotti ti uccidono.
 
Hai avuto paura?
Si tanta paura di morire. Se loro ti trovano è un casino.
 
E dopo l’Algeria?
Sono stato in Libia che è ancora peggio del mio Paese. In entrambi non c’è il governo ma in Libia ci sono due etnie che non vanno d’accordo. Dal mercoledì al venerdì fanno la guerra, gli altri giorni no.
 
Cosa facevi in Libia?
Lavavo le macchine. Guadagnavo poco.
 
Cosa ti è successo in Libia?
In Libia trattano male gli stranieri, non come qui in Italia. In Libia non c’è la legge, esiste solo la legge del più forte. Se qualcuno vede una persona debole gli prende tutto.  
 
Raccontaci il momento in cui sei arrivato con il gommone in Italia.
Prima siamo arrivati in acque internazionali passando per acque libanesi che sono molto pericolose perché molto mosse. Poi SOS mediterraneo ci ha preso e ci ha messo in barche più sicure e poi hanno continuato a cercare barche di altri migranti. Il gommone che era partito prima di noi è affondato, sono morti tutti, c’erano molti miei amici. Poi sono stato in Sicilia per un mese, in un centro d’accoglienza. Lì mi hanno fatto dei vaccini e mi hanno fatto dei controlli per vedere se avevo malattie perché in Libia ci sono dei moschini che ti pizzicano e ti fanno gonfiare la pelle, fa molto male.
 
Dopo dove sei andato?
Il governo mi ha mandato in un paese vicino ad Ancona, Acelia. Una volta fatti i documenti sono andato a Folignano in una comunità. Ho fatto un anno con loro dove facevo lavoretti per il comune, dipingevo scuole, muri.  Poi ho lavorato in una fabbrica di marmo a Brecciarolo per 7 mesi. Dopo è finito il tirocinio e il capo aveva un problema economico e non poteva più pagarmi quindi mi ha mandato qua.
 
Cosa hai fatto all’Ama Aquilone?
Per un anno ho fatto il servizio civile. Poi il presidente della comunità mi ha fatto fare un tirocinio. Infine lo scorso maggio il presidente mi ha offerto un contratto a tempo indeterminato. 
 
Che lavoro fai nella cooperativa sociale Ama Aquilone?
Io sono un contadino. Mi occupo dell’agricoltura: potare, zappare, raccogliere (sorride ndr). Sono molto contento qui, ma mi manca mia madre. Con lei però parlo spesso al telefono, i miei fratelli, invece, li sento poco. Sono al fronte, ho paura che siano morti. Se non riuscirò a sentirli ancora per un po' di tempo prendo tutto e ritorno in Mali a cercarli.
 
Ti piace fare il contadino o vuoi cambiare lavoro?
Mi piace fare il contadino, sono qui da tre anni, ho imparato tante cose. Ora so potare, piantare e zappare. Nel mio Paese non sapevo farle perché si riesce a fare il raccolto solo nei tre mesi di piogge. I contadini in Mali sono molto poveri e nei mesi in cui non piove hanno difficoltà anche a trovare da mangiare. Se nel mio paese dici che fai il contadino ti rispondono “quando trovi tu moglie? Chi ti dà in sposa sua figlia?”. Contadino nel mio paese significa sempre essere povero.
 
Perché nel tuo paese c’è così tanta povertà secondo te?
I francesi hanno portato la povertà nel mio paese. Loro rubano oro, petrolio, uranio e diamanti. Loro usano i maliani, ci lasciano solo il 20% e il restante se lo prendono loro. A me non stanno simpatici i francesi. Io parlo francese perché l’ho studiato a scuola ma non mi stanno simpatici comunque.
 
 
Ora hai tutti i documenti in regola?
Sì, ora ho tutto, mi manca solo la cittadinanza e una ragazza (ride ndr). Solo questo sennò ho tutto. Mi piace l’Italia, le persone mi hanno dato tanto. I ragazzi qui sono tutti miei amici, sono molto bravi perché mi fanno sempre ridere. Siamo qui dentro come dei fratelli.
 
Ti manca il Mali?
Sì, io voglio tornare e comprare un pezzo di terreno per fare una casa per mia madre, perché mio padre che non ci sta più insieme e vuole cacciarla di casa. Io sono la sua unica speranza. Voglio farle una casa anche piccola, sto mettendo i soli da parte per questo. Se io sono lì posso fare tante cose, da qui è un po' difficile aiutarla anche se le invio sempre soldi che per lei rappresentano una salvezza. 
 
Ti reputi fortunato? 
Sì molto. Tanti miei amici hanno mollato perché non hanno avuto la pazienza di aspettare, perché la vita è dura e devi avere la pazienza. Non puoi fare tutto in poco tempo, devi fare pochi passi al giorno. La mia pazienza ha dato i frutti e ora mi sento realizzato e fortunato. Qui in comunità non ho amici, ho fratelli e loro mi trattano come un membro della famiglia. Mi sento fortunato perché qui in Italia ho avuto quelle piccole cose che fanno la felicità.
 
 
A cura di Riccardo Cicchi
17/08/2021

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